Autore: Zirilli Luca Osteopata D.O. M.Sc. Ost. (UK)

L’ARTROSI VERTEBRALE

INTRODUZIONE

L’artrosi vertebrale, cosi come ogni tipo di artrosi è una definizione puramente radiologica.

Anche se in letteratura viene definita come un processo di tipo degenerativo che colpisce le strutture articolari, non si può stabilire che la sintomatologia del paziente sia causata da un quadro artrosico senza prima aver eseguito una radiografia (RX).

A livello radiografico per definire un’artrosi si devono ritrovare questi segni:

  • L’osteofita. È un’escrescenza che si forma a livello dell’articolazione;
  • Riduzione dello spazio fra i due capi ossei che compongono l’articolazione;
  • Migrazione del calcio dalle zone meno portanti a quelle più portanti proprio per rinforzare l’articolazione nei punti di maggior pressione subita;
  • I geodi subcondrali. Sono degli spazi cistici che si formano nell’osso sottostante la cartilagine articolare, simile a lacune o cavità. Sono l’espressione di un riassorbimento osseo dovuto alla migrazione del calcio nelle zone più portanti.

In Fig. 2 viene rappresenta una colonna artrosica in radiografia, dove si evidenziano i becchi osteofitosici nella parte anteriore del corpo vertebrale.

Va sottolineato che vi può essere notevole discrepanza tra i segni radiologici e l’entità della sintomatologia, che può essere assente per molto tempo o a carattere intermittente.

Non vi sono particolari differenze raziali e/o climatiche, le attività lavorative o le abitudini di vita che portano ad abuso delle articolazioni della colonna vertebrale sembrano essere la base per l’insorgenza della malattia.

I fattori ereditari hanno poca importanza sull’insorgenza dell’osteoartrosi vertebrale.

Nel sospetto che vi sia un’artrosi vertebrale il primo step sarà un’indagine strumentale tramite una radiografia (RX).

QUALI SONO I SEGNI E SINTOMI DELL’ARTROSI?

Clinicamente l’artrosi vertebrale si manifesta con:

  • Dolore;
  • Riduzione della mobilità;
  • Rigidità mattutina;

Il sintomo cardine è il dolore muscolo-articolare per stimolazione meccanica delle articolazioni della colonna.

Inizialmente il dolore è presente solo durante il movimento, specialmente dopo un periodo di immobilità, ad esempio quando ci si rialza dalla sedia dopo essere stati seduti a lungo. Nelle fasi avanzate il dolore è presente anche a riposo.

Oltre al dolore un segno caratteristico dell’artrosi è la riduzione della mobilità articolare.

Un ulteriore segno è la rigidità mattutina che ha una durata in media di circa 30 min e migliora con il movimento.

Da cosa è data la rigidità mattutina? Durante la notte il muscolo si muove meno e la pressione sull’articolazione si riduce. Muovendosi meno, la funzione intrinseca del muscolo come pompa vascolare si riduce e quindi il muscolo ricevendo meno sangue si irrigidisce, quando la persona si sveglia ed inizia a muoversi questa funzione riparte e la rigidità migliora.

Oltre al trattamento osteopatico manipolativo, si può consigliare al paziente, per migliorare questa rigidità oltre al caldo e al movimento, anche l’ozonoterapia.

Arrivando meno sangue al muscolo arriva di conseguenza meno ossigeno. L’ossigeno-ozonoterapia, tramite una miscela di ozono e ossigeno è un importante mezzo per ridare vitalità ai tessuti, ridurre l’infiammazione e il dolore.

QUAL È LA VERA CAUSA DELL’ARTROSI?

Per spiegare la causa e quindi l’origine dell’insorgere del quadro degenerativo artrosico dobbiamo partire da una semplice equazione.

Forza = Pressione / Superficie.

Tenendo conto che la superficie è quella articolare e che rimane quindi sempre costante, le contratture muscolari generano l’aumento di forza che sono responsabili dell’aumento della pressione all’interno dell’articolazione.

Il comune denominatore dei processi artrosici è l’aumento di pressione intra-articolare.

Quali sono i fattori che aumentano la pressione?

  1. L’aumento della forza muscolare;
  2. La postura alterata;
  3. Il carico;

QUAL È IL MECCANISMO INTRENSICO FISIOLOGICO CHE PROTEGGE LA COLONNA VERTEBRALE DALL’ARTROSI?

Lo scheletro del rachide è composto da vertebre articolate tra di loro e che compongono la colonna vertebrale.

La colonna vertebrale è una struttura composta da 33 vertebre articolate fra di loro. Sono esattamente: 7 cervicali, 12 dorsali, 5 lombari, 5 sacrali fuse e 4 coccigee. Sulla colonna vertebrale si applicano numerosi muscoli disposti per strati che ne determinano oltre alla capacità di sostegno anche quella di movimento.

Le vertebre sono ossa brevi formate da:

  • Un corpo, nella parte anteriore della vertebra, con funzione soprattutto statica
  • Un arco, nella parte posteriore della vertebra, con funzione prevalentemente dinamica

Fra due corpi vertebrali vi è interposto un disco.

Il disco vertebrale è costituito principalmente da due porzioni anatomicamente e soprattutto funzionalmente ben distinguibili: il Nucleo polposo e l’Anello fibroso.

Per le sue caratteristiche morfologiche il disco nelle sue componenti è in grado di sfruttare il meccanismo idraulico che lo caratterizza per sopperire soprattutto a forze compressive, proprio come fa un ammortizzatore in una macchina.

componenti articolari della colonna vertebrale

Fig. 3 sono rappresentate le componenti articolari della colonna vertebrale:

  1. Corpo vertebrale; Nucleo polposo del disco vertebrale; Anello fibroso del disco vertebrale;
  2. Eduncolo vertebrale;
  3. Faccette articolari superiori
  4. Processo trasverso destro;
  5. Processo articolare;
  6. Peduncolo;
  7. Porzione posteriore;
  8. Processo trasverso sinistro;
  9. Processo spinoso.

Il corpo vertebrale con il disco costituiscono il segmento anteriore, mentre l’arco con tutte le sue componenti costituisce il segmento posteriore.

Le due vertebre contigue con il disco interposto fra di loro costituiscono una unità funzionale.

Unità funzionale - artrosi

Fig. 4 viene rappresentata l’unità funzionale.

Il segmento posteriore è deputato sia al movimento e sia alla decompressione del disco, componente fondamentale per la fisiologica funzionalità della colonna.

L’unità funzionale subisce il carico della gravità che mette sotto pressione il disco intervertebrale.

Il meccanismo che protegge l’unità funzionale è la decompressione discale.

Fig. 5 viene rappresentato il processo degenerativo e le strutture che coinvolge.

Sopra in figura si vede come il primo stadio del processo degenerativo artrosico coinvolga il disco.

Per come è già stato esposto, ormai è chiaro che per una corretta funzionalità statico e dinamica della colonna è fondamentale la decompressione del disco, funzione svolta dal segmento posteriore o arco vertebrale.

QUALI SONO LE CONDIZIONI AFFINCHE’ QUESTA DECOMPRESSIONE AVVENGA CORRETTAMENTE?

Proprio come per una molletta se comprimo da una parte si apre dall’altra. Il che vuol dire che la molletta deve funzionare completamente per potersi aprire.

artrosi

Analogamente le condizioni per cui la decompressione discale avvenga sono:

  • Muscolatura posteriore tonica e ben funzionante;
  • Componenti articolari posteriori che costituiscono l’arco integre;
  • Corpo vertebrale in assenza di anomalie ed integro;
  • Gravità che cade esattamente al centro della leva e non anteriormente;

artrosi vertebrale

Fig. 7 viene rappresentato il concetto di leva nello specifico.

Ora dovrebbe essere chiaro che se la muscolatura posteriore non funziona correttamente a causa di disfunzioni o contratture o problematiche posturali, viene a mancare la funzione di decompressione del disco che dovrà sopportare più peso. A lungo andare il disco in assenza di decompressione viene schiacciato ed inizia a degenerare. Ecco che si instaura il primo stadio della degenerazione artrosica.

La perdita di funzione di decompressione discale è lo starting point del processo degenerativo artrosico vertebrale.

Le zone maggiormente predisposte a livello vertebrale ad andare in contro a processi degenerativi artrosici sono in particolare le zone di transizione, cioè il tratto cervicale basso e il tratto lombare basso. Questo fa capire come alcune zone vertebrali possono essere sollecitate più di altre.

Questo concetto ci fa capire perché l’artrosi è maggiormente presente in alcune articolazioni e in altre meno. Ad esempio l’artrosi nelle mani è molto più rara rispetto alla colonna vertebrale o ad un ginocchio o ad un’anca, questo perché se il denominatore comune nell’artrosi è l’aumento di pressione, le mani non sono sottoposte a carico gravitazionale e quindi la pressione è nulla.

La colonna vertebrale manifesta con più facilità l’insorgenza di artrosi, in particolare nei tratti dove avviene il passaggio funzionale tra curva lordotica e cifotica. Saranno infatti C5 ed L5 a subire maggior carico meccanico poiché in grado di adempiere sia alla funzione lordotica di mobilità sia alla funzione cifotica di staticità. Questa loro peculiarità anatomica e funzionale determina loro un ruolo meccanico più sfavorevole.

Dunque una vertebra potrebbe essere più sollecitata rispetto ad un’altra da un punto di vista di carico pressorio a seconda della sua posizione nelle curve fisiologiche della colonna.

LA POSTURA È L’UNICA CAUSA DELLA PERDITA DELLA CAPACITA’ DI DECOMPRESSIONE DISCALE?

Assolutamente no!

Un concetto comune in osteopatia è quello del segmento facilitato.

Per spiegarlo bisogna partire dall’embrione. Un embrione quando si forma è come un piccolo verme con al centro il tubo neurale dai cui si formerà il midollo spinale e dalla quale usciranno i nervi. Crescendo iniziano a formarsi le braccia e le gambe e i nervi si estendono insieme ad esse. È per questo che la cervicale è deputata all’innervazione delle braccia e la lombare a quella delle gambe.

artrosi vertebrale

Fig. 8 viene rappresentato un feto.

La componente neurologica che si forma è composta da:

  • Sclerotoma; da cui originerà la colonna vertebrale;
  • Viscerotoma; da cui origineranno i visceri;
  • Miotoma; da cui origineranno i muscoli;
  • Dermatoma; componente per la sensibilità cutanea;
  • Neurotoma; componente dei nervi.

Tutti questi rimangono in comunicazione, quindi un organo con il suo viscerotoma da un impulso verso il midollo che genererà una risposta sul miotoma che innerva il muscolo.

Quindi in fisiologia tutti i componenti neurologici rimangono in comunicazione, ma ad un impulso fisiologico si ha una risposta fisiologica, al contrario ad esempio in un intestino infiammato l’impulso non è più fisiologico e quindi la risposta sul miotoma non sarà fisiologica e il muscolo di quel tratto si contrarrà. Dato che l’innervazione intestinale è nel tratto lombare sarà la muscolatura lombare a contrarsi generando le stesse conseguenze di prima, ma la partenza non è posturale ma in questo caso intestinale.

Ecco perché se ho un infarto sento il dolore lungo il braccio.

artrosi

Fig. 9, componenti del sistema nervoso autonomo deputati al riflesso viscero-somatico.

Quindi se l’informazione di partenza è corretta anche la risposta di tutti gli altri nervi in comunicazione con l’organo sarà corretta, ma se l’organo presenta un quadro disfunzionale o patologico, ecco che il messaggio di partenza sarà alterato e la risposta finale del nervo ricorrente si trasformerà in una contrattura dei muscoli dei pilastri posteriori.

Ora sappiamo che una contrattura della muscolatura dei pilastri posteriori del rachide si traduce in una perdita della loro capacità di decompressione del disco che dà origine nel tempo al processo degenerativo artrosico.

Il segmento facilitato va sempre considerato per trovare la reale causa della disfunzione vertebrale che ha portato il paziente a soffrire di artrosi.

CONCLUSIONE

Dopo aver analizzato nello specifico i concetti base anatomici, biomeccanici e neurologici per giustificare la possibile insorgenza del quadro degenerativo artrosico a livello rachideo; dovrebbe essere altresì chiaro l’importanza del trattamento manipolativo osteopatico.

Diversi studi hanno dimostrato l’efficacia del trattamento osteopatico nei soggetti con artrosi vertebrale.

L’approccio osteopatico è in grado tramite l’utilizzo di tecniche specifiche ed individuali per il paziente di ripristinare la contrattura muscolare e la mobilità articolare che è la causa della perdita della funzione di decompressione discale.

Come spiegato prima la perdita di tale funzione è lo starting point dell’insorgenza della degenerazione artrosica vertebrale.

L’osteopata è in grado tramite specifici test di ritrovare l’origine della disfunzione vertebrale che è mantenuta dal riflesso viscero somatico e ripristinarlo.

Va inoltre detto che l’artrosi è un processo cronico e in quanto tale potrebbe coesistere con problematiche metaboliche che vanno ben inquadrate tramite esami di laboratorio e corrette anch’esse.

Alla Still Osteopathic Clinics consideriamo il paziente a 360° e sappiamo che non è sufficiente ridurre il sintomo, ma è fondamentale risalire in modo personalizzato alla sua causa.

 

 

 

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